Il Centro, intitolato a Guido Gozzano (dal 1997 anche a Cesare Pavese), è nato nel 1967 per volontà e interessamento di Giovanni Getto, in seguito alla donazione, da parte del fratello Renato, dei manoscritti del poeta, di libri, quadri, oggetti e mobili appartenuti alla famiglia.
Il Centro afferisce al Dipartimento di Studi Umanistici (StudiUm) è ospitato in locali a piano terra di Palazzo Nuovo, sul lato di Corso San Maurizio, al numero 28, tel. 0116704743; è attualmente diretto da Mariarosa Masoero. Fanno parte del Consiglio Direttivo del Centro docenti universitari: Andrea Aveto, Valter Boggione (vicedirettore), Franco Contorbia, Mariarosa Masoero (direttore), Ester De Fort, Renato Grimaldi; nonché personalità del mondo socio-culturale piemontese: Mauro Bersani, Maurizio Cossa, Lorenzo Mondo, Ugo Nespolo, Lorenzo Ventavoli,
Nell’aprile del 2005 il Centro ha mutato la sua natura giuridica, trasformandosi in «Centro Interuniversitario per gli Studi di Letteratura Italiana in Piemonte "Guido Gozzano – Cesare Pavese"» (Università degli Studi di Torino e Università degli Studi del Piemonte Orientale "A. Avogadro" e Università degli Studi di Genova).
Il «Centro Interuniversitario per gli Studi di Letteratura Italiana in Piemonte "Guido Gozzano – Cesare Pavese"» dell’Università di Torino, custodisce, oltre alle carte autografe di Guido Gozzano e di Cesare Pavese, carte di Massimo D’Azeglio, Edoardo Calandra, Domenico Lanza, Giovanni Cena, Enrico Thovez, Carlo Vallini, Francesco Pastonchi, Carlo Calcaterra, Francesco Chiesa, Maria Luisa Belleli. Oltre ai documenti, al Centro Studi è presente una biblioteca specializzata, consultabile sul Catalogo dell’Università di Torino
Per l’importanza dei materiali conservati, esso è regolarmente frequentato da studiosi italiani e stranieri. Come da Statuto, il Centro si è proposto negli anni di colmare le lacune più evidenti nel patrimonio letterario piemontese, anzitutto ricercando e acquisendo da privati altri fondi, poi pubblicando testi inediti in edizioni filologicamente accreditate e raccogliendo documenti rari e dispersi su riviste e giornali. Il progetto iniziale si è articolato negli anni in una serie di iniziative di grande rilievo culturale.
Circa l’acquisizione di carte da privati sono da segnalare le donazioni di Enrica Vallini (lettere e manoscritti del fratello Carlo), di Beatrice Pistono (lettere di Guido Gozzano), di Pier Maria e Graziana Colla (lettere e disegni giovanili di Guido Gozzano, nonché prime edizioni con dediche autografe, ritagli di giornale, ecc.), il comodato delle nipoti di Cesare Pavese, Cesarina Sini e Maria Luisa Sini Cossa, e della Casa editrice Einaudi (manoscritti, dattiloscritti, bozze di tutte le opere; si tratta di due archivi complementari che documentano il percorso artistico dello scrittore, dall’apprendistato degli anni giovanili alle mature prove di poesia e di narrativa).
Sui materiali posseduti, nell’ottica della valorizzazione di manoscritti che appartengono al patrimonio storico-letterario della cultura piemontese, e non solo, il Centro ha promosso, nel corso degli anni, mostre e convegni, nazionali e internazionali (tra gli altri, il convegno internazionale in occasione del cinquantenario della morte di Cesare Pavese, Torino - S. Stefano Belbo, 24-27 ottobre 2001; le mostre allestite al Centro Borges di Buenos Aires, a Cuba e alla Fiera del libro di Torino del 2002). Ultimi in ordine di tempo le mostre allestite presso l’Archivio di Stato di Torino (9 maggio-17 giugno 2007) e a Parigi (Mairie du 6e arrondissement, 2 dicembre 2008-3 gennaio 2009) e il convegno internazionale di studi (Archivio di Stato di Torino, 14 aprile 2010).
Su Guido Gozzano si ricordino il convegno e la mostra organizzati in occasione della Fiera del libro di Torino del 2004, nell’ambito dell’iniziativa ministeriale «L’atlante della poesia italiana del Novecento» e tutti gli eventi che hanno celebrato il Centenario della morte dello scrittore.(cfr. Attività)
Il Centro pubblica, con l’editore Olschki di Firenze, una collana divisa in due sezioni (Saggi e Testi); essa annovera a tutt’oggi una ventina di titoli. (cfr. Pubblicazioni)
Come risulta dalle notizie fornite, il Centro, dopo una prima catalogazione, ha puntato soprattutto sulla pubblicazione delle carte possedute; tutte le edizioni, filologicamente accreditate, si avvalgono di una puntuale e consistente annotazione.
«Si può raccontare per immagini la vita di un poeta? Serve a comprendere la sua poesia, che è poi la sua vera vita? E la vita di Gozzano poi fu così poco avventurosa, fu anche così breve e tutta ripiegata su se stessa! Tuttavia, proviamo, perché, poi, tutta la poesia di Gozzano ha un fondamento autobiografico» (Franco Antonicelli)
1883
Guido Gozzano nasce il 19 dicembre a Torino, quartogenito di Fausto, ingegnere dei lavori pubblici (Agliè, 1839 – Torino, 1900), e di Diodata Mautino (Agliè, 1858 – Torino, 1947), figlia di Massimo Mautino, amico di Massimo D'Azeglio. Altri figli nati da questo matrimonio (si ricordi che Fausto in prime nozze aveva avuto cinque figlie, Ida, Faustina, Alda, Bice e Teresa) sono: Erina (1878-1948), Arturo e Carlo, morti in tenera età, Renato (1893-1970).
1884
Nella chiesa di Santa Barbara, a Torino, viene battezzato il 10 febbraio; dei quattro nomi impostigli, Guido Davide Gustavo Riccardo, il terzo sarà quello adottato in famiglia e con gli amici degli anni adolescenziali, il primo sarà il nome del poeta.
1891
«Proveniente dalla scuola privata ed ammesso con punti 19 su 30», viene iscritto presso la «Sezione Moncenisio» di via Cittadella 3, la scuola in cui, pochi anni prima, Edmondo De Amicis aveva ambientato il libro Cuore.
1895-1898
Conseguita la licenza elementare con la seconda miglior votazione, nell'autunno del 1895 si iscrive alla prima classe del Regio Ginnasio «C. Cavour». Nell'anno scolastico 1897-1898 studia presso il Regio Ginnasio di Chivasso e risiede nell'annesso Convitto Civico; qui, nella quotidianità di un anno di scuola e di vita comune, si consolida l'amicizia con Ettore Colla, già suo compagno di giochi e di «briccunate» durante le vacanze estive ad Agliè, località del Canavese in cui la famiglia possedeva tre case, casa Gozzano, casa Mautino e «Il Meleto», una villa a pochi chilometri dal centro dell'abitato.
1899
Le lettere e i disegni del periodo hanno come protagonista la bicicletta, sognata, desiderata, fatta costruire identica a quella dell'amico Ettore (altri sport praticati dal giovane Guido risultano essere la ginnastica, il nuoto, il pattinaggio a rotelle e su ghiaccio). Gite avventurose, imprudenze, bravate, scherzi goliardici movimentano una «vita da orsi», monotona e solitaria, dedita per lo più alla lettura, alla scrittura, alla coltivazione dei fiori. In apparenza allegro e spensierato, egli è in realtà un adolescente «pensoso», come amerà raffigurarsi in alcune poesie.
1900
Il 14 marzo muore il padre Fausto per polmonite doppia; l'evento causa nel giovane Guido un «tremendo dolore» e lo carica di responsabilità e problemi, anche economici. A Pasqua dell'anno dopo, in occasione del primo anniversario della morte del padre, scriverà i versi di Primavere romantiche, che vedranno la luce postumi (1924); in essi rievoca il primo incontro dei genitori.
1902-1903
Dopo aver recuperato, presso l'Istituto «Ricaldone» di Torino, la bocciatura in prima liceo, si trasferisce a Savigliano, in provincia di Cuneo, per concludere gli studi liceali. Confessa all'amico Ettore Colla «piccantissime avventure, specialmente notturne», e «gozzoviglie» gastronomiche in un alberghetto del posto gestito da «tre adorabili creature», le signorine Fea, che per molti versi anticipano la più nota Signorina Felicita. Nell'autunno del 1903 s'iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Torino e fra ottobre e dicembre pubblica i suoi primi scritti, in versi e in prosa, tutti di chiara matrice dannunziana.
1904
Segue il corso di Letteratura italiana di Arturo Graf, presso la Facoltà di Lettere, e le lezioni da lui tenute al sabato pomeriggio e aperte al pubblico (le cosiddette "sabatine"). Qui stringe solidi rapporti di amicizia con Carlo Vallini, nato a Milano nell'85, pure lui poeta. Pubblica parecchi versi su periodici cittadini e non. All'amico Mario Vugliano, poeta e giornalista, si devono notizie sulla costituzione di «una banda Gozzano», di cui avrebbero fatto parte, oltre a loro due e a Vallini, Mario Dogliotti (poi monaco benedettino nella Subiaco fogazzariana), il caricaturista Golia (Eugenio Colmo, già compagno di studi), il futuro giornalista Mario Bassi.
1905-1906
Alla lettura assidua di Dante e Petrarca (trascrive versi dei due in appositi quaderni e v'inserisce volti femminili e parole poetiche proprie) affianca quella di un'antologia di poeti contemporanei francesi che ebbe molta fortuna e ampia circolazione, Poètes d'aujour d'hui di P. Léautaud e A. Van Béver. Nel settembre del 1906, durante il pranzo svoltosi ad Agliè in occasione della laurea di Ettore Colla e di un altro amico, Umberto Gaudina, improvvisa un discorso che si configura come uno struggente e lucido addio alla giovinezza.
1907
Nei primi mesi dell'anno prepara e cura l'edizione di una prima raccolta di poesie, La via del rifugio, presso l'editore Renzo Streglio di Torino; le recensioni non si fanno attendere, positive per lo più, ma anche tiepide o riduttive. Peggiorano intanto le sue condizioni di salute (da anni gli è stata diagnosticata la tisi) e si intensificano i soggiorni terapeutici, marini e montani (Ruta, San Francesco d'Albaro, Ceresole Reale, ecc.). Nel frattempo si è trasformata in una vera e propria storia d'amore la conoscenza di Amalia Guglielminetti, la poetessa quasi coetanea (era nata nel 1881) che, prima delle Vergini folli (1907), aveva edito una raccolta di stampo tardo-carducciano, Voci di giovinezza (1902). Il loro incontro era avvenuto nella «sala dei giornali» della «Società di Cultura», sorta nel 1899 e divenuta ben presto luogo d'incontri letterari.
1908
A tutti i corrispondenti (Amalia Guglielminetti, Carlo Vallini, Giulio De Frenzi) parla di un viaggio imminente, probabilmente terapeutico; la meta è ancora incerta, insiste sulle Canarie e sul Brasile, però non esclude addirittura un «Giro del Mondo».
Le lettere fra Amalia e Guido dei primi mesi dell'anno lasciano capire che il loro rapporto personale è destinato a mutarsi in «fratellanza»; al contrario, si fa sempre più stretto quello letterario. Al 3 settembre risale la prima idea del poemetto Le farfalle.
1909-1910
In Liguria, dove trascorre i mesi invernali, viene raggiunto, il 2 gennaio 1909, dalla notizia che la madre Diodata è stata colpita da paralisi. Rientra subito a Torino e qui trascorre il primo mese accanto a lei. Il migliorare delle sue condizioni di salute non esclude la necessità di darsi subito da fare, per provvedere al di lei mantenimento: per questa ragione dovrà cambiare casa, trasferendosi in un appartamento più periferico, ristretto e modesto (via Cibrario 65), e vendere, in maggio, «Il Meleto». D'estate, a Bertesseno, piccola località dell'alta Valle di Viù, si vanno delineando i futuri Colloqui, i cui singoli componimenti cominciano ad apparire in alcuni periodici.
1911
La raccolta vede la luce nel mese di febbraio ed è fatta oggetto di molte recensioni, positive e negative. Intanto Gozzano si fa decisamente prosatore. Continua a collaborare al «Corriere dei Piccoli» e all'«Adolescenza», tenta «Il Tirso» ma è sul «Momento» che appaiono le sue prose più significative (si segnalano quelle suggerite dall'Esposizione Internazionale del Lavoro, apertasi a Torino, nel parco del Valentino, il 29 aprile per il cinquantenario dell'unità nazionale).
1912
Il 16 febbraio, da Genova, s'imbarca sul piroscafo «Raffaele Rubattino», diretto in India con l'amico Giacomo Garrone, malato anch'egli di tubercolosi. È un viaggio terapeutico, da tempo progettato. Poche le località davvero visitate: Bombay, forse Goa, poi Ceylon e di nuovo Bombay; il rientro è anticipato alla fine di aprile.
1914
Dopo aver pubblicato, nel 1913, alcune poesie "sparse" e tre novelle, licenzia ora alcuni «brani» del poema Le farfalle; stende per «La Stampa» il resoconto del suo viaggio indiano, discorrendo anche di località non raggiunte. Esce il terzo volume a stampa, una raccolta di fiabe apparse sul «Corriere dei Piccoli», col titolo I Tre Talismani, presso «La Scolastica» di A. Mondadori; vedono anche la luce alcune prose di guerra (è appena scoppiata).
1916
Continuano a uscire novelle, capitoli indiani e l'ultimo frammento delle Farfalle. Come dimostra l'articolo Il nastro di celluloide e i serpi di Laocoonte, il cinema lo tenta più che mai: il 13 maggio legge, nel convento torinese di Sant'Antonio da Padova, il soggetto di un film sulla vita di San Francesco (il film non fu mai realizzato, come lo stesso Gozzano prevedeva). Il 16 luglio, a Sturla, è colpito da un attacco violento di emottisi; ricoverato all'ospedale protestante di Genova, il 21 rientra a Torino in compagnia della sorella. Mario Dogliotti, l'amico della giovinezza divenuto benedettino col nome di Padre Silvestro, lo assiste spiritualmente; ad Amalia è impedito di visitarlo. Muore mercoledì 9 agosto, mentre si diffonde la notizia della presa di Gorizia; viene sepolto ad Agliè.
A cura di M. Masoero
Cesare Pavese nacque il 9 settembre 1908 a S. Stefano Belbo (Cuneo), sei anni dopo la sorella Maria (tra i due, altri tre figli morti in tenerissima età, una femmina e due maschi). Il padre, Eugenio, era cancelliere di tribunale (di lui e della famiglia paterna si occuperà nella poesia Antenati), la madre, Consolina Mesturini, proveniva da una famiglia di agiati commercianti di Ticineto Po. Dopo la morte del marito, avvenuta il 2 gennaio 1914 a soli quarantasette anni, la donna portò avanti la famiglia con autorità e durezza («Mio padre morì che avevo sei anni e io giunsi a venti senza sapere come un uomo si comporta in casa. […] Mia madre aveva cercato di tirarmi su duramente come farebbe un uomo, e ne aveva ottenuto che tra noi non usavano né baci né parole superflue, né sapevo che cosa fosse famiglia», Il signor Pietro, dai Racconti).
Regolare l'iter scolastico (prima elementare al paese natale, anni successivi all'Istituto privato delle signorine Trombetta, a Torino, ginnasio inferiore presso l'Istituto «Sociale» dei Gesuiti, ginnasio superiore al «Cavour»). Nel 1926 conseguì la maturità classica presso il liceo «Massimo D'Azeglio», «fucina di antifascisti»; qui era stato allievo di Augusto Monti, a cui si deve un impareggiabile ritratto dell'allievo in I miei conti con la scuola, ed era diventato amico dei coetanei Enzo Monferini, Tullio Pinelli, Remo Giacchero, Guido Bachi, Giorgio Curti. Nel'27, per interessamento dello stesso Monti, nacque la "confraternita" degli ex-allievi, un gruppo di futuri intellettuali con spiccati interessi culturali e politici; di essa facevano parte, oltre a Pavese, Leone Ginzburg, Franco Antonicelli, Massimo Mila, Norberto Bobbio, Giulio Carlo Argan, Federico Chabod.
Iscrittosi alla Facoltà di Lettere di Torino, Pavese si laureò il 20 giugno 1930 con una tesi sulla Interpretazione della poesia di Walt Whitman (108/110, relatore Ferdinando Neri); poi un "capriccio" per una giovane di nome Dina, un mese di vacanza a S. Stefano Belbo con Pinolo Scaglione (il futuro Nuto di La luna e i falò), il cambiamento di casa e la morte della madre. Dopo un duplice, inutile tentativo di ottenere una borsa di studio alla Columbia University («Non ho più notizie del mio vecchio impegno con la Columbia University; […]. / Sono pronto a insegnare l'italiano o a sposare la più orrida delle ereditiere, pur di andare là. / Domanda all'Università, se è possibile trovare un posto da assistente, da usciere, da – chiamalo come vuoi - . Ma aiutami, se no proverò con la rivoluzione in Messico e il contrabbando attraverso la frontiera», lettera ad Antonio Chiuminatto, 2 aprile 1932, trad.) e un posto di assistente all'Università di Torino, si dedicò all'insegnamento in scuole private e serali (Bra, Saluzzo, Vercelli, Torino).
Nel frattempo ebbe inizio la sua lunga e fortunata attività di traduttore: Il nostro signor Wrenn di Sinclair Lewis per Bemporad (1931); Riso Nero di Sherwood Anderson (1932), Moby Dick di Herman Melville (1932) e Dedalus di James Joyce (1934) per Frassinelli; Il 42° parallelo e Un mucchio di quattrini di John Dos Passos (1935 e 1937), Il borgo di William Faulkner (1942) per la Mondadori; Uomini e topi di John Steinbeck (1938) e Il cavallo di Troia di Christopher Morley (1941) per Bompiani; Fortune e sfortune della famosa Moll Flanders di Daniel Defoe e Autobiografia di Alice Toklas di Gertrude Stein (1938), La formazione dell'unità europea dal sec. V all'XI di Christopher Dawson (1939), La storia e le personali esperienze di David Copperfield di Charles Dickens (1939), Benito Cereno di Herman Melville e Tre esistenze della Stein, La rivoluzione inglese del 1688-89 di George Macaulay Trevelyan (1940), Capitano Smith di Robert Henriques (1947) e Le civiltà nella storia di Arnold Toynbee (1950, con Ch. De Bosis) per Einaudi.
Arrestato il 15 maggio 1935 per la sua appartenenza al gruppo clandestino «Giustizia e Libertà» e, soprattutto, per la sua veste di direttore pro-tempore della «Cultura», la rivista di Cesare De Lollis rilevata da Einaudi (aveva sostituito Leone Ginzburg, arrestato il 13 marzo dell'anno prima), fu tradotto a Regina Coeli, a Roma («Io più penso alla mia situazione e più sono convinto che la terra è una valle di lacrime: il più grande poeta vivente d'Italia, e forse d'Europa, dov'è? A Regina Coeli. Cose dell'altro mondo», lettera alla sorella Maria, 14 giugno 1935), e poi condannato a tre anni di confino nel paese di Brancaleone Calabro, dove giunse il 4 agosto: «sono arrivato a Brancaleone domenica 4 nel pomeriggio e tutta la cittadinanza a spasso davanti alla stazione pareva aspettare il criminale che, munito di manette, tra due carabinieri, scendeva con passo fermo, diretto al Municipio. […] / Il viaggio di due giorni, con le manette e la valigia, è stata una impresa di alto turismo… Qui, sono l'unico confinato. Che qui siano sporchi è una leggenda. Sono cotti dal sole. Le donne si pettinano in strada, ma viceversa tutti fanno il bagno. Ci sono molti maiali, e le anfore si portano in bilico sulla testa. […] La grappa non sanno cosa sia. […] / Mi faccio io da mangiare, cioè mangio roba fredda. È brutto metter su famiglia, senza la famiglia» (lettera alla sorella Maria, 9 agosto 1935). Ottenuto il condono dopo meno di un anno, il 13 marzo 1936 fece ritorno a Torino e riprese la sua collaborazione con la casa editrice Einaudi (assunto nel 1938, nel periodo gennaio-luglio del 1943 si occuperà della filiale romana con Mario Alicata, Antonio Giolitti e Carlo Muscetta).
Il 1936 è anche l'anno dell'esordio poetico con il volume Lavorare stanca, che vide la luce in un ambiente quanto mai estraneo al langarolo Pavese, a Firenze nelle Edizioni di Solaria, curate da Alberto Carocci. Il suo primo romanzo, Il carcere, scritto tra il novembre 1938 e l'aprile 1939, uscirà soltanto nel 1949; lo avevano preceduto Paesi tuoi (1941), La spiaggia (1942), Feria d'agosto (1946), Dialoghi con Leucò (1947), Il compagno (1947, premio Salento). Nel novembre 1949 uscirà la trilogia La bella estate (il racconto omonimo, Il diavolo sulle colline, Tra donne sole), che vincerà il premio Strega nel giugno 1950 («a questo trionfo manca la carne, manca il sangue, manca la vita», Il mestiere di vivere, 17 agosto 1950). L'ultimo romanzo, La luna e i falò, è dell'aprile di quello stesso anno.
All'indomani dell'8 settembre 1943 la casa editrice Einaudi fu posta sotto la tutela di un commissario della Repubblica sociale italiana, Paolo Zappa; Pavese allora si rifugiò presso la sorella Maria, sfollata nelle Langhe a Serralunga di Crea, ma non prese parte attiva alla Resistenza (i motivi di questa scelta sono esplicitati nel romanzo La casa in collina, steso dal settembre 1947 al febbraio 1948 ed edito nel 1949). Dopo la Liberazione si iscrisse al PCI («la politica non teneva un gran posto nella sua vita interiore… Non quanto qualche parola di donna, non quanto la soddisfazione e il tormento del suo lavoro; non quanto il mitico, bruciato paesaggio delle Langhe», M. Mila, «L'Unità», 22 ottobre 1952), collaborò a «L'Unità» e portò avanti, nella delicata fase di ricostruzione dell'Einaudi («La Casa Einaudi è uscita dalla tempesta. Tornano i redattori dispersi e risuscitano i collaboratori, ma già saprà della perdita irreparabile che ha subito la Casa per la morte di Leone Ginzburg e Giaime Pintor. Questo ci impegna a lavorare tanto più nell'avvenire», lettera a Piero Jahier, 11 maggio 1945), una lucida e illuminata attività di direttore editoriale, dando vita a nuove collane e promuovendo importanti iniziative (Santorre Debenedetti e i classici italiani, Franco Venturi e le scienze storiche, De Martino e l\'etnologia, la famosa collana "viola").
Il proposito di suicidio, enunciato fin dagli anni dell'adolescenza, divenuto un «vizio assurdo» in seguito alle delusioni amorose (Tina, la «donna dalla voce rauca», di cui ora si possono leggere i ricordi in Senza pensarci due volte, Bologna, Il Mulino, 1996, e Constance Dowling detta Connie, la donna «venuta di marzo») e al progressivo disadattamento esistenziale, si tradusse in «un gesto» il 27 agosto 1950, a Torino, nella camera 43 dell'albergo Roma. Postume uscirono le poesie di Verrà la morte e avrà i tuoi occhi (1951), i racconti di Notte di festa (1953), il romanzo Fuoco grande (1959), a quattro mani con Bianca Garufi, il ciclo di novelle (e poesie) Ciau Masino (1969). Postumi anche i saggi critici La letteratura americana e altri saggi (1951) e il diario, intitolato Il mestiere di vivere (1952).
A cura di M. Masoero